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Lo sviluppo della coscienza


Lo sviluppo della coscienza ha a che vedere con il principio di individuzione dell'essere umano e con il principio femminile, o meglio con l'incarnazione del femminile nel mondo.

Cosa significano queste parole in apparenza molto complicate, ma in realtà molto semplici?

A parlare di principio di individuazione fu Carl Gustav Jung, noto psichiatra e psiconalista svizzero, ma anche antropologo, titolo per cui forse è meno noto, che ne fece il caposaldo principale della sua impostazione psicologica. Il principio di individuazione altro non è che il processo di formazione e maturazione interiore che porta l'uomo a essere sempre più se stesso e nella migliore e massima espressione di sè e per se stesso. Secondo Jung non tutti giungono al principio di individuazione, vale a dire che implica una trasformazione interiore che non tutti cercano, non a tutti interessa e che per non tutti giunge al suo completo sviluppo. Ne caldeggia però l'avvio, in quanto secondo lui, infatti, qualora l'individuo giungesse a tale sviluppo interiore sarebbe di fatto più felice, più completo e più pieno.

Il principio del femminile invece lo espliciterei con una affermazione di Jung stesso che può riassumere in maniera molto precisa il concetto:

« Quanto più domina la ragione critica, tanto più la vita si impoverisce; ma quanto più dell’inconscio e del mito siamo capaci di portare alla coscienza, tanto più rendiamo completa la nostra vita. La ragione, se sopravvalutata, ha questo in comune con l'assolutismo politico: sotto il suo dominio la vita individuale si impoverisce. »

(C. G. Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, p. 366)

Cosa significa tutto ciò? Che senza anima, senza sentimenti, senza emozioni profonde, senza quella parte di noi che non è razionalità pura, la vita si inaridisce e diviene estremamente povera. Perde consistenza e sostanza profonda. Non è difficile da comprendere questo concetto se lo applichiamo alla nostra vita quotidiana quando, completamente concentrati sulle corde dell'efficienza, perdiamo di vista le cose importanti, quello che proviamo e come ci sentiamo. A furia di ignorare questo aspetto di noi, la vita diventa povera, perché perdiamo il contatto con quella parte di noi che di fatto dà alla vita stessa il suo senso e il suo sapore.

Questo cosa c'entra con la coscienza? C'entra per il fatto che senza uno sguardo pieno e non soltanto razionale guarderemo il mondo, la vita ed anche noi stessi in maniera molto limitata.

Senza offire la possibilità al 'femminile' di incarnarsi dentro di noi, togliamo a noi stessi e al mondo la possibilità di umanizzarsi. Ed ecco che, in questo modo poi, diventano immeditamente comprensibili sia la società dell'arrivismo e del Dio denaro, sia i regimi politici privi di un' anima, e vale a dire, che focalizzano le proprie intenzioni e i propri obiettivi soltanto sull'affermazione di diritti economici e materiali e che di conseguenza sfociano poi in vuoti sistemi che non perseguono minimamente il bene comune.

La coscienza è un elemento importante nella discriminazione del bene. Senza di essa agiremo sempre e soltanto per un bene proprio e mai per un bene proprio unito a un bene comune. E se c'è chi è abituato ad agire e operare per il bene comune e deve imparare ogni tanto a fare anche i propri interessi, è indiscutibile che la società a cui apparteniamo, egoista e profondamente concentrata su di sè deve imparare esattamente il contrario. L'unica via per farlo è umanizzarsi. Diventare più UMANI. Il che, lasciatemelo dire, è quasi paradossale, visto che ci chiamiamo essere umani.

Vi è un libro molto ricco che, mentre scrivendo, mi è rivenuto alla mente: " Il viaggio come metafora dell'esistenza". Claudio Widmann, Edizioni Magi. Un libro molto interessante per chi volesse approfondire questa riflessione aggiungendone le proprie e passando attraverso la storia di Melusina e Remondino che ben incarna di fatto, sia l'espressione del femminile, che la formazione della coscienza che la capacità di amalgare bene il principio maschile e quello femminile.

La vicenda di Melusina e Remondino, non a lieto fine. Non una fiaba classica dove trionfa il giusto, ma una fiaba esistenziale dove in realtà è il viaggio il protagonista della storia. Una fiaba che, si spera, incarnandosi invece nel reale abbia invece un lieto fine, visto e considerato che è strettamente connessa con la sopravvivenza del genere umano.

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