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La guarigione nel fuoco della rabbia


La rabbia guarisce oppure uccide? Dipende. Dipende da come la viviamo, da come la orientiamo, da come ne sappiamo trarre frutto. Essendo la rabbia una emozione che, per partito preso, non sta simpatica a nessuno, occorre prima di tutto uscire dai luoghi comuni. Dobbiamo infatti imparare e incominciare a capire che, per quanto essa ci risulti antipatica perché porta noi o gli altri a delle reazioni talvolta sproporzionate rispetto alle cose, essa è legittima qualora vengano violati i nostri diritti o qualora vengano messe in discussione delle condizioni di base del vivere comune. Mi spiego: sarebbe da sciocchi non essere arrabbiati per la situazione economica in cui verte il paese in cui viviamo, giacché da essa dipende anche il futuro delle nostre vite. Vorrebbe dire non considerare che dalle decisioni di altri dipende anche la nostra vita. Sarebbe assurdo non arrabbiarsi perché il mio migliore amico mi tradisce e quindi spezza un legame che per noi è stato importante e fondamentale in tanti anni di vita...Insomma, vi sono delle cose per cui, se arrabbiarci può portarci ad avere delle reazioni molto forti, non arrabbiarci sarebbe peggio visto e considerato che, il dolore permarrebbe comunque e la rabbia coinciderebbe con una implosione interiore.

E allora, sono giunta alla conclusione che imparare ad esprimere la propria rabbia orientandola nel modo giusto ha degli effetti curativi verso noi stessi e di conseguenza anche verso gli altri. In un certo senso, essa ci aiuta a riorientare la nostra vita, perché se ci arrabbiamo, vuol dire che stiamo dicendo no ad alcune cose e sì ad altre e in base a questo nuovo assetto stiamo un pò riorganizzando la nostra vita, il nostro modo di pensare e il nostro status quo. Come dicevamo l'altra volta, ci sono persone che tendono a tenersi tutto dentro e quindi faticano a far emergere la rabbia ( non vuol dire che non la provano, vuol solo dire che la comprimono) e persone che al contrario si arrabbiano sempre e per qualsiasi cosa. In qualunque dei estremi, noi ci riconosciamo, dobbiamo trovare la giusta misura di espressione della rabbia, affinchè possa essere un fuoco guaritore in luogo di un fuoco che, nel primo caso consuma e nel secondo brucia.

La rabbia è una di quelle emozioni dove l'arte del giusto mezzo è molto difficile, perché quando ci arrabbiamo vuol dire che siamo molto coinvolti e presi dalla cosa che ci ha fatto arrabbiare. Quando ci arrabbiamo è perché ci hanno toccato qualcosa di veramente importante, che sia esso una persona, uno spazio o un diritto o un diritto che noi riteniamo tale. La rabbia quindi è una emozione che va vissuta, nè repressa nè compressa, nè annullata e tra l'altro se la comprendiamo ci aiuta anche a crescere. Se infatti, arrabbiandoci, abbiamo visto compromesso qualche nostro diritto fondamentale, andrà da sè che cercheremo di combattere perché questo diritto venga ripristinato. Per guardare alla rabbia in maniera diversa, proviamo a pensare alla utilità sociale di tanti movimenti di contestazione, di ribellione culturale, di denuncia che nel corso della storia si sono susseguiti. Indipendentemente dal fatto che questi movimenti ci abbiano visti coinvolti o no dalle loro idee, pensiamo al femminismo, ad esempio, piuttosto che alle contestazioni politiche nella storia. Essi sono sempre partiti da qualcuno che ha cominciato a dire no e che si arrabbiava a fronte di diritti non rispettati, di condizioni da migliorare e di diritti giusti da affermare.

Allora io credo che, la rabbia, giustamente vissuta ci porti a sviluppare una qualità importantissima nella vita che si chiama assertività e che non è nè accettazione passiva o rassegnata delle cose e delle prepotenze altrui e neppure schiacciamento dell'altro per l'affermazione dei propri diritti. Come nel caso della rabbia, anche nel caso dell'assertività, c'è chi deve imparare a 'pretendere di più' e chi deve imparare a fare un passo indietro. Operazioni entrambe, sia quella verso la rabbia che quella verso l'assertività che richiedono un pò di maturità, un pò di introspezione e francamente anche un briciolo di coscienza.


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