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Donne di sostanza: icone o zerbini?


Avviso già che questa prima puntata di DONNE DI SOSTANZA inizierà con una provocazione molto forte a partire da questa famosa citazione della scrittrice Rebecca West : "Io stessa non sono mai stata in grado di scoprire cosa è esattamente il femminismo; so solo che la gente mi chiama femminista ogni volta che esprimo sentimenti che mi differenziano da uno zerbino.” E ho deciso di unire due figure femminili che non c'entrano assolutamente nulla storicamente l'una con l'altra, eppure secondo me ben si sposano con il fatto che entrambe si sono rifiutate di divenire zerbino di un sistema che ciascuna a suo modo ha cercato di sovvertire perché ledeva i diritti umani più profondi. Aung San Su Kyi, leader birmana, entrata in politica nel 1988 e figlia di un generale e di una ambasciatrice e pertanto proveniente da un ambiente sicuramente molto sensibile ad argomenti e problemi che andassero al di là di cosa mangiare a pranzo o di cosa fare nel weekend. Ciò le ha sicuramente permesso nel corso della sua crescita di maturare sensibilità a grandi ideali e alla grande idea, cioè, quella capacità dell'essere umano di vedersi parte di un tutto in cui il mondo può cambiare se ciascuno fa la sua piccola parte. La grande idea è sempre qualcosa che ci si immagina e con cui si entra in contatto con l'immaginazione. Aung San Su Kyi ha immaginato per 26 lunghissimi anni ciò che è avvenuto soltanto l' 11 novembre 2015. Non so se lo avesse immaginato proprio così, ma quel che so è che sicuramente per portare avanti l'ideale della libertà dall'oppressione del popolo birmano ha consumato una buona parte della sua vita in situazioni e ingiustizie a fronte delle quali credo ben pochi esseri umani avrebbero dato il loro assenso. San Su Kyi a fronte di un governo che la ha trattata come uno zerbino ha risposto sempre con una dignità sconosciuta ai suoi oppressori tanto è che probabilmente ne ha anche nel corso degli anni aumentato la cattiveria nei suoi confronti. Rebecca West, scrittrice britannica che ha partecipato su un altro fronte rispetto a quello dell'icona della Birmania a un'altra battaglia fondamentale per i diritti umani, quello della parità dei diritti delle donne, mi solletica con questa sua affermazione assertiva: la gente mi chiama femminista quando esprimo sentimenti che mi differenziano da uno zerbino. Sicché, in entrambi i casi, cioè sia che si tratti di diritti femminili, sia che si tratti di diritti umani più ampi come nel caso di San Su Kyi, le persone coinvolte devono sviluppare una forza assertiva di affermazione molto potente se deve andare a contrastare il potere imperante che sia esso rappresentato da un governo oppressore, da una dittatura pressante, da un maschilismo misogino, da una qualsiasi forma di attacco violento e lesivo nei confronti di qualsiasi diritto umano, per poter almeno minimamente, passo dopo passo, provare a cambiare il corso degli eventi. Tuttavia, cari lettori, a me, resta dell'amaro in bocca oltre che qualcosa che non mi sconfiffera. E' normale che in una società che si dice civile, vi siano delle battaglie che debbano attraversare questi calvari reali e culturali per poter ottenere ciò che è naturale? Credetemi, continuando a osservarci dall'esterno, penso che stiamo sbagliando qualcosa. I cristiani direbbero che è il senso della croce di Cristo, i Gandhiani direbbero che è la fiosofia della non violenza che porta a una ribellione pacifica e graduale. Le religioni e le filosofie trovano nello spirito delle risposte che sono senza dubbio balsamiche a tratti, per lo spirito umano. Tuttavia, nonostante questo, io continuo a credere che ci sia qualcosa che non va. Che nel genere umano vi sia una strana forma di masochismo che porta a sopportare a oltranza ciò che non dovrebbe essere sopportato neanche per un secondo. Non so quale sia la ricetta, nè tanto meno se ne esista una, certo è che un mondo dove siano i giusti a dover dichiarare guerra ai regimi oppressori e debbano conseguentemente poi subirne anche le conseguenze, mentre gli oppressori continuano ad andare nella stessa direzione, è un mondo dove per un Dio, un ordine, una principio operante per il bene c'è davvero poco spazio di esistere, anche se di fatto avrebbe un gran raggio di azione, se solo avesse a cuore il genere umano. Ben si comprendono i pensatori e i filosofi che hanno definito le religioni come l'oppio dei popoli, in quanto esse 'drogano' di speranza intere masse spesso però inconsapevoli di ciò che accade.

Credo sia questa la differenza tra donne come San Su Kyi e finti santoni che si aggirano nel mondo diffondendo idee distaccate dalla realtà. I santoni sono spesso ricchi e capaci di dispensare pillole di saggezza da un podio di fama, di lusso e di ricchezza. Scusate, ma chi non sarebbe capace, con tanti soldi, una vita felice, agiata, etc...di avere pensieri positivi e di pace sul mondo, sulla vita e sulla storia? Gente come San Su Kyi a tutto ciò ha rinunciato per unirsi all'ideale che reputava giusto, mantenendo un animo nobile, sensibile e fermo in condizioni ben diverse dall'agiatezza.

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