Simone de Beauvoir
Un nuovo femminismo per un nuovo millennio. Parigina, donna di cultura, considerata la madre del movimento femminista e personaggio dalla vita sicuramente discussa e discutibile, Simone de Beauvoir ha sicuramente fatto sentire la sua voce.
Le menti più eccelse quasi sempre emergono da disagi o situazioni di grave oppressione personale, sociale o culturale. Sono in qualche modo e paradossalmente, l'oppressione e il danno subito che fanno scaturire nell'individuo una forza di reazione che lo conduce poi, se questa forza di reazione viene sapientemente guidata a produrre grandi trasformazioni in se stessi e nella società circostante. Anche se oggi, ho avuto piacere nel citare una parigina a fronte degli scempi che sul suo territorio sono stati compiuti, non esito neppure dal ricordare che anche la storia italiana non è esente da personaggi, figure e miti che portano in sè congiuntamente sia la più profonda ferita umana che la più elevata forma di sapienza in qualche campo. Non necessariamente figure divenute famose, oppure figure famose per cultori di alcune materie, ma comunque personaggi che hanno segnato la storia. Ebbene, Simon diceva che una donna libera libera è tutto il contrario di una donna leggera. Perché una donna libera è una donna che sa, che va oltre la superficie e la superficialità delle cose ed è una donna che si interroga, che compie il suo viaggio interiore ed esteriore, che cambia, che produce un cambiamento e che di conseguenza con la leggerezza intesa come superficialità non c'entra proprio nulla. Una donna libera è una donna che conosce il valore della libertà e quindi probabilmente ha conosciuto o dovuto conoscere il valore della prigionia, dell'oppressione, della sopportazione per giungere alla comprensione di qualcosa di diverso necessario per se stessa, ma anche per la società intera. Nessuno scrittore, nessuna scrittrice, ma anche nessun giornalista o nessun uomo di cultura scrive per se stesso, ma altresì parte dalla propria esperienza, dalla propria percezione della realtà e della vita per trasmettere un messaggio agli altri. Si tratta di avere coscienza e consapevolezza che le parole possono cambiare le cose, che possono modificare la percezione di un dato, di una realtà, di un avvenimento o accadimento se queste stesse vengono usate con coscienza e con consapevole saggezza. Le trasformazioni sociali provengono sempre da molto lontano, provengono sempre da qualcuno o qualcosa che le hanno messe in moto. Certamente, Simon, fu a suo modo strumento di una trasformazione sociale. Cosa imparo io dal femminismo a un giorno dalla giornata mondiale contro la violenza alle donne? Imparo che noi donne che, con la prima guerra mondiale, abbiamo ottenuto grandi traguardi, tuttavia abbiamo poi perso nella storia successiva gran parte delle nostre conquiste. E imparo che ora la storia ci chiama non solo a riprendere in mano quelle conquiste perdute, ma ci chiama anche a riflettere su un nuovo femminismo che vada ad opporsi in maniera assolutamente incontrovertibile sia a quella profonda superficialità che il genere femminile spesso trasmette, sia a quella immagine della donna spesso bistrattata e resa vulnerabile dalla aggressività di soggetti privi di intelligenza emotiva, di razionalità saggia e di educazione affettiva. Ma chiama anche e fortemente a prendere come esempio la forza, la grinta e la determinazione di tutte quelle donne che nella loro vita hanno saputo alzare la voce per affermare i propri diritti, cambiando così talvolta il corso della storia. Ed è così che sollevo un grido, accorato ma altrettanto forte e determinato: le donne devono alzare la voce, devono sollevare lo sguardo, devono farsi sentire, devono uscire dal silenzio, devono far valere di più i propri diritti in una società che a parole il 25 novembre le sostiene, ma che nella realtà di tutti i santi giorni le uccide.