La cultura come motore di cambiamento
Scrissi questa nota su Fb, nel febbraio 2014 come denuncia pacata sul tema della violenza alle donne e del silenzio che spesso attanaglia le loro vite circa le ingiustizie da loro subite nei secoli.
La ripropongo ora perché se alla società e alle istituzioni tocca aiutare, alle donne 'tocca' l'uscire dal silenzio e dalla vergogna e denunciare. E' tempo di un nuovo equilibrio tra i sessi.
Quando le donne si rifiutano di essere telecomandate o gheishe, o angeli del focolare senza diritto di parola, chissà perché vengono definite femministe, ingestibili, maleducate, 'fuori luogo'. Perfino quando hanno il diritto di essere se stesse vengono messe al'angolo da chi le vorrebbe come desidera e non come sono. Sono così abituati alla gentilezza delle donne che quando esse si incazzano le fanno passare per matte. E così la vita di molte donne si consuma in un multitasking che non è mai abbastanza - dobbiamo essere madri perfette, donne sempre in ordine, lavoratrici efficienti, socialmente sempre sorridenti, accettare di essere anche attaccate pur facendo bene, con al fianco palombari che per cucinare un piatto di pasta quando sei ammalata vanno in crisi, seduti sul divano del onetask per cui si aspettano anche una medioevale riverenza. Salutiamoli a questi uomini, facciamogli un bello shampoo di umiltà che è quello che gli occorre. Solo cambiando mentalità e facendo uscire il nostro paese da un medioevo ancora vivente possiamo sperare in una nuova era dove uomini e donne siano esseri umani con veri pari diritti, non certo con solo pari diritti di apparenza che in realtà nascondono solo ulteriori doveri per le donne e lasciano invariati i diritti maschili.
Michela Diani, Nota Fb del 14 febbraio 2014
https://www.facebook.com/notes/1469899373232354/
''Incontrandomi per 'caso' con un libro scritto più di trent'anni fa, dal titolo " La donna non è gente" di Armanda Guarducci, giornalista e scrittrice di quei tempi, non ho potuto fare a meno di riscontrare, nonostante le enormi differenze socio-culturali tra le donne di allora e quelle di oggi, un sintomatico e pericoloso comune denominatore sociale diffuso: il silenzio.
Non è che il silenzio sia di per sua natura cosa brutta, anzi. Nel silenzio spesso ascoltiamo ciò che conta, ritroviamo i nostri pensieri più intimi e profondi. In esso, impariamo a scoprirci.
Il silenzio inizia a essere un problema quando diviene maschera di oppressione, dolore, fatica, omertà, e quindi assume il colore di esistenze che vorrebbero gridare ma che per qualche ragione non possono farlo.
La Guarducci, nel suo libro, parlava di donne. Modelli, esempi di donne della campagna rurale, la cui femminilità inespressa ' si consuma negli spazi morti del satellite contadino, destituite di potere e di credibilità' , isolate e accantonate dal sistema sociale e di conseguenza 'impedite' nella loro naturale espressione di sè.
Il mio pensiero, di fronte a questi racconti, non ha potuto che andare oltre, a tutte quelle donne che vittime di una violenza più o meno nascosta, o più o meno palese, risultano voci morte di una femminilità che vorrebbe gridare e che nessuno ascolta.
E' difficile non essere scontati in tema di violenza sulle donne. Sì perchè è più facile sfociare in un vittimismo poco produttivo. Denunciare la violenza è doveroso. Assecondare quella cultura che si limita soltanto a combattere la violenza, ma non fa poi di fatto nulla per aiutare queste donne a riprendere in mano la propria vita, credo sia un rischio molto pericoloso e complice di un sistema in cui forse è più comodo avere donne simili alle ' donne di apparenza' o di contorno, che non donne veramente VIVE capaci di diventare elementi di cambiamento per la società del tempo.
Poi, pensavo alle donne di mafia, anche esse avvolte in un silenzio spesso angosciante, altrettanto spesso complici per paura e per necessità. Pensavo a quelle donne di mafia che decidono di uscire dal silenzio e di gridare parole di essenza, non gettate a caso, ma con il solo fine di credere che sia possibile un futuro diverso. E pensavo ai commenti che qualche politico ha fatto nei loro confronti: " Se le donne di mafia reagissero contro la mafia e uscissero dal silenzio, sarebbe un duro colpo per la mafia".
Ed ecco una luce: se le donne, confinate nel silenzio, oppresse dalle situazioni anche più torbide e immerse nel buio, decidono di dire no a questo silenzio complice di una realtà terribilmente ingiusta e improduttiva, possono cambiare le proprie sorti e di ciò che sta intorno, senza neppure forse rendersi conto di quanto.
E quanto, queste 'donne nuove' potrebbero incidere sulla diffusione di una nuova cultura in cui si parli di rimedi e di cure contro la violenza alle donne, una cultura con cognizione di causa, non fatta di frasi fatte, di rimedi standardizzati e senza anima, ma una cultura basata su una conoscenza realistica del problema.
Sarebbe un pò come portare alla luce il mito di Persefone, dea greca. Ella, figlia di Demetra e di Zeus, rapita da Ade e condotta nelle profondità degli Inferi, ritrova nel buio la sua identità perduta, cresce, matura, rinasce e diviene guida per tutte quelle anime che come lei si perdono nell' Inferno senza sapere come uscirne. Da anima perduta diviene anima guida. Ritrova una saggezza, un sapere sepolto dentro di sé.
Allora oggi, il mio pensiero va a tutte quelle donne che, da sole o con l'aiuto di qualcuno a un certo punto decidono di rompere il silenzio ed aprirsi alla musica della vita. A tutte quelle donne che, con questo loro gesto, aprono la porta a un cambiamento forse audace però possibile e avviano per se stesse e per gli altri una nuova era.
Continuano a chiamarci sesso debole...ma mi domando se si sia mai riflettuto sul valore di queste parole.
Mi domando se qualcuno si sia mai posto il problema di quanta forza d'animo in effetti debba coesistere in una donna per sopravvivere a talune situazioni senza uscirne pazza. Mi domando spesso francamente quanti uomini sarebbero così audaci e forti da sopportare tanti meschini e amari giochetti e nel mentre portare avanti ciò che deve essere comunque portato naturalmente avanti nella vita quotidiana.
Donne è giunto il momento di riprenderci la nostra ESSENZA. Quel nostro essere femminili nella totalità dell'essere.''