Quella rivoluzione che fa così paura
Forse è bene che ripassiamo un pò la nostra storia per imparare da essa e cercare di trarne lezioni utili per il presente e per il futuro. Questa parola 'rivoluzione' che continua a imperversare tra le labbra della gente e sui social, e di cui abbiamo così paura, fa, in realtà, parte del nostro bagaglio storico nazionale molto più di quanto non pensiamo. Quello che è buffo è che, il nostro periodo temporale, è la summa di tanti periodi storico-esistenziali della storia d' Italia che farebbe perdere la testa perfino a Freud e a James.
Trovo infatti che, per come la nostra società, cosiddetta civile, si comporta e vive, abbia delle caratteristiche confacenti con quelle di una popolazione barbara dove le regole del vivere civile non sono ancora state neppure prese in considerazione. Non ci facciamo ingannare dai falsi sorrisi o da una galanteria costruita su una buona 'educazione' esteriore, i politici che abbiamo al governo somigliano ai barbari, quegli invasori saccheggiatori che con le loro scorrerie furono tra le cause della caduta dell'Impero Romano. E non c'è da stupirsi se la nostra povera Italia sia in crisi, visto che, se i barbari del passato furono causa della caduta di un impero, scorrerie prolungate, insistenti e prepotenti avvenute soprattutto negli ultimi venti anni di politica italiana non potevano altro che mandare in crisi un paese ridotto a fragile identità nazionale, proprio a causa di una mancanza di solidità di uno spirito patriottico nazionale. Non è che il popolo italiano si possa definire, nel corso della sua storia, un popolo tranquillo, giacché, anche soltanto a focalizzarsi sul periodo storico del Risorgimento, prima, dopo e durante, la Scapigliatura, la Carboneria, la Giovine Italia, i moti del '48, le guerre di indipendenza danno prova concreta che, al popolo, almeno allora, di questa patria importava certamente qualcosa. Un qualcosa, pensate, tanto da perderci la vita e metterla al servizio di un ideale. L'italiano insomma, nel suo DNA, a quanto pare, oltre al calcio e al divano, ha in realtà anche uno spirito ribelle. Ma dove è che sbagliamo allora? Come abbiamo fatto a ridurci in questo modo? Un popolo senza dignità personale e storica, un 'manico' di infiacchiti senza ideali se non il portafoglio, una massa informe e stolta che neanche per i propri diritti fondamentali è più capace di combattere?
Un libro di storia che lessi diverso tempo fa sosteneva che 'Il Risorgimento fu un fatto prevalentemente irrazionale perché faceva leva su quella caratteristica che soltanto noi italiani sappiamo sviluppare fino al parossismo, l'emotività.' ( L'armata emotiva, V. Ciaraffa). Nel libro, l'autore sostiene anche che, pur mancando agli italiani quelle qualità militari necessarie per avere buoni soldati, essi non 'difettavano certo la predisposizione emotiva per farsi coinvolgere nelle vicende che stava suscitando lo sturm und drung in Europa'.
Ora, tralasciando, il parere che l'autore fa emergere tra le righe sul valore-non valore della pancia degli italiani, così come degli aspetti emotivi di cui esso gode, non possiamo trascurare il fatto che nessuna rivoluzione mai, soprattutto, quelle partite dal basso, sono mai state avviate senza un concorso della passione delle persone che le animava.
Probabilmente, ciò che l'autore voleva sobillare tra le righe è che, questa passione del popolo italiano doveva, avrebbe dovuto nel corso della storia avere una sostanza più profonda delle semplici emozioni rivoluzionarie del momento, o una solidità superiore a dei moti irrazionali quanto incoscienti. In sostanza, il popolo italiano va educato. Mi piace poi chiamare alla mente un discorso di Indro Montanelli, il quale, sottolineò come sia sempre stata la mancanza di una coscienza storica unita alla mancanza di una identità nazionale la causa del disgregarsi e degli sfaceli del nostro paese. Cosa, questa certamente, indiscutibile, giacché avessimo avuto un briciolo della dignità dei nostri antenati che hanno combattuto le guerre passate, da questi merendai del troller il giovedì non ci saremmo fatti mettere i piedi in testa. Insomma, qui in gioco, non sono le emozioni, o i raptus rivoluzionari, ma la dignità ed il valore di un popolo che devono essere assolutamente chiamati in causa. Tra le pagine della storia attuale, il M5S ha raccolto proprio questa irrazionalità emotiva, questa rabbia popolare che, è riuscito a trasformare in una presa di coscienza del proprio valore da parte del popolo e, da una punto di vista pedagogico, in energia creativa. Insomma, Grillo non ha fatto altro che una trasformazione positiva della rabbia di un popolo che si era dimenticato di avere una dignità, cercando di dare a questo stesso popolo una informazione, una cultura politica basata sull'interesse alle vicende politiche del paese e sulla partecipazione. Che altro non è che che quello che fecero in passato, e con le debite differenze, i patrioti come Mazzini che cercarono di raccogliere e guidare lo spirito patriottico dei giovani di un paese che, anche allora, seppur in condizioni completamente diverse, chiamava un cambiamento. A questo punto della storia, c'è da domandarsi perché questa parola rivoluzione, che fa parte del vocabolario italiano molto più di quanto non ricordiamo, sortisca un effetto così demonizzante. Così come c'è da domandarsi perché il Movimento di Grillo, che ormai è del popolo italiano, e non più di Grillo, faccia ancora così tanta paura.
Anche i Carbonari incutevano paura al regime, così come tutti i moti rivoluzionari animati dai patrioti che venivano repressi, uccisi o mandati in esilio. Ora, i tempi sono cambiati ed i metodi anche, ma una cosa è certa, 'questa rivoluzione s'a da fare' e non c'è Don Rodrigo che tenga. Se ai poteri occulti questa rivoluzione non sta bene è chiaro che la ostacoleranno, è chiaro che non apriranno la porta del palazzo per farci entrare. Così come è chiaro che, nessuna rivoluzione nella storia di Italia sia mai avvenuta portandosi il divano incollato al sedere ed il televisore nelle pupille. Trovo quindi che, la nostra epoca storica chiami una rivoluzione niente di più e niente di meno come fece in passato per uscire dal buio di qualche regime o governo che aveva smesso da tempo di fare l'interesse del popolo.
Ciò che non dobbiamo smettere però di fare è dare a questa rivoluzione della sostanza, continuando a costruire nel popolo una dignità che si accorga di meritare molto di più di quanto finora gli è stato promesso e poi, mai mantenuto. Quello che dobbiamo cercare di fare è riempire questa pagine di storia non di qualcosa che passa come il vento, ma di qualcosa che resti, costruisca e maturi nel tempo ai fini di dare vita a un nuovo Risorgimento e a un Nuovo Umanesimo che sia più fedele alla dignità umana del suo popolo. Una rivoluzione ben fatta usa questa emotività, la trasforma in una forza positiva e con una buona strategia la conduce a buon fine. Come in una battaglia.
E del resto, l'Unità di Italia a un certo punto è avvenuta, così come la battaglia del Solstizio provocò la resa dell'Impero Austro-Ungarico. Insomma, non venitemi a dire che, il popolo, se vuole, non ha potere. Ce l'ha eccome. Ed è anche un potere di gran valore. Ricordatevelo governanti.