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Italia paese a misura di bambini?


''La nostra società non è idonea a fare figli, perché i genitori, per sopravvivere, devono lavorare in due e quindi il tempo per la cura dei figli non c’è. I figli sono affidati a un esercito di baby sitter, o peggio alla baby sitter di tutte le baby sitter che è la televisione. I genitori non hanno tempo di stare con i bambini e si difendono cercando di dare loro un tempo-“qualità”, ma i bambini hanno bisogno di tempo-quantità. Hanno bisogno di essere riconosciuti passo dopo passo, disegno dopo disegno, domanda dopo domanda. Non basta fare quattro week end giocosi per avere una relazione con i figli. E se non si ha questo tempo, dobbiamo rassegnarci a avere dei figli in cui le mappe emotive e cognitive non si formano. Queste mappe però sono fondamentali perché diventano la modalità con cui si fa esperienza, se le mappe non sono formate questa esperienza avviene a caso e non viene mai del tutto elaborata'' ( Prof. Galimberti, Università Cà Foscari, Venezia)

Secondo il prof. Galimberti, la nostra società non sarebbe quindi a misura di bambino e di conseguenza dovremmo arrenderci al fatto che siccome dobbiamo lavorare in due e non possiamo occuparci dei figli come si deve, allora non dovremmo farli. Anche se, da un punto di vista educativo, non posso assolutamente, dargli torto, perché sostengo che quantità e qualità vanno di pari passo ed è inutile che ci illudiamo che sia diverso, dal mio punto di vista dovremmo ampliare la riflessione, interrogarci a fondo e provare a stimolarla su fronti più ampi:

1. In una società che non è a misura di bambino e neanche di madri - perché una buona madre sicuramente vuole crescere suo figlio e non piazzarlo - occorrono strumenti atti a garantire un equilibrio dei tempi e degli spazi che una donna deve dedicare ai propri figli, al lavoro e a se stessa. Accade invece che appunto, come sottolinea, il prof. Galimberti, vi sia uno squilibrio profondo obbligato, a favore del lavoro così che, i figli crescono da soli o piazzati da nonni, asili e parenti. I bambini hanno diritto a madri presenti, hanno diritto a servizi sicuri a cui le madri possano appoggiarsi quando sono al lavoro e hanno diritto a servizi che funzionino dove gli operatori lavorino serenamente garantiti da leggi sul lavoro a tutela del lavoratore e non dello schiavo moderno, perché un operatore vicino al burnout non è senz'altro pregio per la comunità.

E vi domandate anche perché siamo una società in piena crisi di burnout? Qui, quelli che sono in vero burnout, sono tutti quegli assurdi mentecatti che al governo e nelle istituzioni credono che le cose debbano andare avanti così perché così è sempre stato. Gli scoppiati non sono coloro che vogliono migliori condizioni di vita e per questo rivendicano diritti che dovrebbero essere naturali, gli scoppiati sono tutte le inconsapevoli pecore di un ingranaggio sociale che va spezzato prima che sia troppo tardi.

2. Accrescere il valore della cultura: uscire dagli stereotipi sociali in base a cui i figli sono un diritto. I figli non sono tacchette da mettere sul fucile né per corrispondere a uno status sociale che una persona non si sente veramente di vivere, né un diritto di coppie etero, non etero e gamero inventate da una società che l'unico diritto che non ha ancora imparato a rispettare è quello dei bambini, che non sono cose né giocattoli, né strumenti per la soddisfazione di un adulto con crisi di identità o narcisismo sociale. Imparare a conoscere chi siamo come individui singoli, quali sono i nostri desideri e le nostre aspirazioni profonde VERE e non condizionate, ci aiuta a fare le scelte giuste per noi e di conseguenza a partorire una società dove ciascuno vive ben il proprio posto.

3. I genitori che vogliono crescere i propri figli, che siano uomini o donne, devono essere messi in condizione di farlo da una società che si dichiara pro-famiglia, altrimenti sono solo parole. Ma una volta per tutte, la vogliamo capire che questo paese di civile non ha niente? Che mancano proprio le basi? Può una società dove in un' udienza mi trovo un giudice sclerato perché si deve gestire tra lavoro oberante e figli, magari senza aiuti, e che di conseguenza arriva incazzato nero e incapace di ascolto, definirsi civile? Siamo tutti vittime sclerate di un ingranaggio sociale che non funziona, ma come dei dementi, invece che denunciare questo sistema che non funziona, diamo addosso a chi invece, rendendosi conto che questo sistema non funziona e va cambiato, se ne chiama fuori e cerca di vivere diversamente, giusto perché cerca di vivere in coerenza le proprie scelte, coerenza, parola assolutamente sconosciuta nella società dell'ipocrisia.

4. Il paese Italia è tutto da rifare. Non c'è un settore che funzioni, ma semplicemente perché è il cervello della gente che non funziona. Se in un qualsiasi ruolo, all'interno di una istituzione, non provo a cambiarlo questo sistema, cosa sto lì a fare? A scaldare la sedia? Il nostro paese è un paese per rassegnati all'Inferno. Ma mi raccomando, siccome di vite ne abbiamo dieci, continuiamo a dare addosso a chi le condizioni di vita in questo paese cerca di migliorarle e andiamo avanti a fare gli schiavi, perché a quanto pare, la schiavitù volontaria in questo paese è una scelta.

5. E' proprio vero e sempre che DOBBIAMO essere schiavi del lavoro? Oppure siamo diventati incapaci di avere stili di vita sobri dove non si accumula, ma si vive? Qui in causa vanno chiamate le proprie scelte individuali di vita e ciascuno è giudice per se stesso. E scusatemi, se in questo, il politically correct lo defenestro proprio, ma siamo sicuri che a tutte le madri e a tutti i padri interessa veramente dei figli? Oppure sono semplicemente una risposta agli stereotipi sociali a cui veniamo chiamati e quindi poi il lavoro totalizzante diviene un alibi per non occuparsene? Perché lasciatemelo dire, fuori dai denti, occuparsi dei figli veramente, conciliare con il lavoro e tutti gli altri doveri famigliari, sociali, etc...è faticoso, richiede molto amore, molta passione, molte energie e molta forza di volontà. Molto più semplice invece definirsi madri e padri delegando a nonni e scuola l'educazione e la crescita dei propri figli.

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