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Se il rispetto deve essere chiesto, la società è pudrida e malata


Voglio, anzi pretendo giustizia per noi donne, per noi mamme. Questo lo pretendo da tutta la società, così come dai palazzi di giustizia. Pretendo che alle mamme che crescono i figli siano riconosciuti gratitudine e rispetto quando decidono di separarsi e devono affrontare una mentalità da Medioevo nei tribunali. E questo lo pretendo anche e soprattutto dal palazzo di giustizia di Busto Arsizio dove avviene quotidianamente l' esatto contrario e dove altro che rispetto riceviamo. Pretendo che chi opera nella giustizia studi, e non si permetta di rovinare le vite delle persone con la sua becera ignoranza di paese. Pretendo. Perché ho appurato che con la gentilezza nulla si ottiene se non prese per il culo.

Non siamo noi mamme che ci dobbiamo sentire in colpa o in difetto, visto che facciamo sempre i salti mortali per conciliare ogni cosa e farla con tutte le energie che abbiamo in corpo e fino allo sfinimento. Siete voi, società, mariti, ex mariti, compagni, ex compagni, giudici, periti, avvocati, che siete dei falliti perché siete totalmente incapaci di amore, di gratitudine e quindi di giudizi giusti e che per la collettività abbiano un valore umano e di rispetto. Una società e una giustizia dove si pensa ad assicurare una morte dignitosa a un mafioso e non una vita dignitosa alle mamme che sono le principali educatrici dei cittadini onesti di domani sono una società e una giustizia fallite. Noi donne e mamme, la giustizia e il rispetto li meritiamo in vita non in morte. Alziamo la testa che è ora di finirla. Michela Diani, 17 giugno 2017

A commento dell'articolo di Giulio Cavalli sulla lettera di una mamma pubblicata sul Corriere della Sera.


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