Rivoluzione culturale o ipocrisia?
Parliamoci chiaro e fuori dai denti. A nessuno piace essere brutto. E la cosa vale al femminile quanto al maschile. Piantiamola di credere che il desiderio di inseguire una bellezza anche esteriore sia solo femminile e che siano solo le donne ad avere in ogni tempo, i loro problemi, complessi o difficoltà nel rapportarsi con il proprio corpo. Quindi cerchiamo di ragionare tra Bellezza, Estetica e società dell'immagine, cercando di comprendere cosa sia, cosa possa o debba essere la rivoluzione culturale, ammesso che essa esista in questo campo e ammesso che si desideri farla veramente. Ciascun essere umano ha il diritto di piacersi. E piacersi vuol dire piacersi, non accontentarsi o rassegnarsi. Piacersi vuol dire apprezzarsi in toto ed è un atteggiamento che viene da dentro. Ciò è dimostrato dal fatto che vi sono modelle perfette esteticamente che tuttavia restano persone terribilmente insicure. D'altro canto, anche se ce la raccontiamo sull'importanza della sostanza e dello spessore interiori, nessuno può dire di essere indifferente alla bellezza estetica.
Ciò è dimostrato dal fatto che sia le donne che gli uomini quando si innamorano o hanno interesse per qualcuno hanno maggiore cura del proprio aspetto esteriore, nel modo di vestire, nella cura personale, etc...
Penso quindi che, come in tutte le cose, ci voglia armonia nel parlare di estetica e aspetto esteriore delle persone, di canoni di bellezza e di piacevolezza. Però quello che voglio affermare oggi è il valore e il ruolo della rivoluzione culturale in questo ambito. A parere mio, sono scorrette entrambe le posizioni estreme circa l'immagine e l'estetica. Trovo infatti sia sbagliato e questo sia per un uomo che per una donna dare tutta l'importanza all'immagine così come non darla per nulla. La piacevolezza di un essere umano è una commistione armonica di personalità e spessore, di piacevolezza allo sguardo, di fascino, di qualità personali, di un quid che solo quella persona ha che può essere qualsiasi cosa, dal saper far ridere qualcuno, al saperlo fare sentire accolto, al saperlo avvolgere in una empatia e un calore intenso, la capacità di comprensione, e chi più ne ha più ne metta. L'essere umano è un complesso molto più ricco di quello che lui stesso non sa se non ha il coraggio di scoprirlo.
Il problema è soltanto uno: mettere le cose nell'ordine giusto in una società che sta sempre più diventando una società di narcisi e narcisisti, concentrati sull'effimero e su una cura di sé che riguarda solo il fuori. Ed essere narcisista, non è una bella cosa. Mi spiace dirvelo così senza ritegno, ma il narcisismo è una patologia.
E' giusto che una donna rivendichi il suo diritto alla Bellezza, il suo diritto all'espressione di una femminilità piena, il suo diritto a trovare e coltivare la propria dimensione femminile, che per qualcuna sarà più spumeggiante, per altre più prorompente, per altre più semplice e naturale. Se concepiamo noi stesse come quadri, vi butteremo tutti i colori più belli per dipingerci. Ogni tanto dovremmo coltivare dentro di noi la capacità di guardarci dall'esterno e di allontanarci da noi stesse come fanno i pittori dalla tela quando raggiunto un risultato, ne prendono le distanze per osservare l'insieme e aggiustare con i dettagli. In questa tela però non vi è solo esteriorità. I colori che il pittore getta sul bianco sono espressione di una interiorità e di una simbologia profonda che rappresenta se stesso e corrisponde alla propria intimità più profonda. Ed è così che ad esempio, le più grandi stiliste e i più grandi stilisti non hanno coltivato narcise e narcisi, ma persone che hanno espresso attraverso la moda un proprio stile.
Non diciamo però di fare rivoluzione culturale se al primo posto vi sono l'estetica o la chirurgia estetica, se crediamo che una donna per acquisire sicurezza abbia bisogno di rifarsi, perché stiamo assecondando esattamente ciò che diciamo di contrastare e cioè la ricerca di una immagine femminile perfetta che deve per essere bella corrispondere a determinati canoni esteriori. Ricorrere a pigmalioni anche bravissimi non risolverà le insicurezze presenti in una persona, né le renderà più forti, nè le farà sentire più belle se non in apparenza. Al contrario, senza modulazione e consapevolezza, correrà il rischio di coltivare l'idea che per essere belli bisogna rifarsi qualcosa se quel qualcosa che si possiede non è perfetto. In ogni scelta che facciamo diamo il nostro piccolo contributo a partorire la società che creiamo. Non dovremmo mai dimenticarcelo, soprattutto per le nuove generazioni che a 18 anni già chiedono come regalo di compleanno quello di potersi migliorare chirurgicamente il seno. Siamo talmente imbevuti dalla società dell'immagine, talmente drogati di bellezza così come ce la propinano alla televisione, sulle passerelle, che abbiamo completamente perso di vista cosa essa voglia dire veramente. Abbiamo dato a un servo il potere del padrone. Se una donna si rifarà un seno, o un naso, o una piccola ridefinizione del proprio corpo non casca il mondo, ma un conto è concedersi uno sfizio, un conto è far passare la mentalità che la donna rifatta è un capolavoro. Sarà un capolavoro del chirurgo, bravo e capace, ma non certo un capolavoro della società e della rivoluzione culturale.
Trovo che anche noi donne dobbiamo decidere da che parte stare, se dalla parte di un equilibrio di sostanza e spessore che non ignora la piacevolezza fisica oppure parlare di rivoluzione culturale solo a parole, ma poi comportarci esattamente nella stessa direzione di come va il mondo, quel mondo stesso che sosteniamo di dover cambiare, di cui ci lamentiamo ogni giorno, perché guarda all'apparenza e non alla sostanza.
Diamo vita alla società che vogliamo in base a chi siamo non in base a cosa diciamo. E anche negli uomini, io trovo bello che un uomo abbia cura di se stesso, come mi piace vedere che una donna ha cura di sé. La sciattoneria, scusate se sono rustica, non mi piace e non l'appoggio a nessuna età. Non è la semplicità. La semplicità è bellezza, non lasciarsi andare. Non si può prescindere dal guardarsi dentro per fare veramente una rivoluzione culturale. Siamo più posseduti e imbevuti dalle regole che diciamo di combattere molto più di quello che non pensiamo. Ma ricordiamoci sempre che la Bellezza è un'altra cosa. Quella è solo esteriorità.
Afrodite, dalle rappresentazioni pittoriche che abbiamo non era affatto perfetta, eppure era la Dea dell'Amore, a cui tutti si piegavano. Sicché pensiamoci bene prima di parlare di donne, di cambiamento, di rivoluzione culturale, di femminilità nuova, di rapporto tra sostanza e immagine se le idee che abbiamo a riguardo sono sono confuse oppure non hanno proprio nulla a che vedere con una rivoluzione del pensiero perché in realtà schiave della società dell'immagine. Il femminismo ha portato alle donne lo spirito e la capacità di combattere per i propri diritti, ma senza un orientamento intelligente ha depistato verso una immagine femminile che ha perso molti pezzi per strada, oscillando tra la donna con i pantaloni e la donna che crede che 'rivendicando' l'uso del proprio utero abbia spianato la strada dei propri diritti.
Francamente, credo che, se di un nuovo femminismo dobbiamo parlare, ci sono molte idee da sistemare per non essere vittime senza accorgersi esattamente di ciò che diciamo di voler combattere.
Le donne sono grandi rivoluzionarie se ci si mettono. Ma per esserlo non possono essere donne di superficie o l'unica rivoluzione che faranno sarà quella di un cambio di abito o di una rivoluzione di parole e di apparenza.