Continuerò a dire la verità anche se dà fastidio
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L'alienazione parentale - che la si voglia riconoscere come sindrome o meno, questo dal mio punto di vista non è fondamentale, anche perché sono contro la ' patologizzazione' di ogni comportamento umano, è comunque una DINAMICA DI RELAZIONE MALATA.
Quando essa viene compiuta vi è sempre un soggetto attivante, esattamente come nella violenza e nel bullismo. Mi spiego: esiste una vittima ed esiste un carnefice e questo non mette quindi già di partenza le due persone sullo stesso piano. Come nel bullismo e nella violenza, non si invita chi la subisce a subire, ma si fa in modo di formare e 'addestrare la vittima' ad uscirne, non si capisce perché invece nella alienazione parentale vi siano condotte ignoranti da parte di operatori della merenda che sparsi nei Tribunali ne divengono complici a causa di una negligenza che non solo non spezza la catena di alienazione già evidente di partenza, ma fanno in modo che essa si ripercuota ancora di più sulla vittima che la subisce, portando talvolta alla esasperazione dei conflitti, quando non a conseguenze molto più gravi.
Non sono rari casi di disagio, addirittura di suicidi a fronte del procrastinarsi di condotte di questa natura che vengono bellamente ignorate dalla giustizia italiana e che comportano un dolore senza paragoni da parte di chi la subisce. Per esperienza diretta e indiretta, il Tribunale di Busto Arsizio in questa prassi di ' distruggo la vittima che denuncia e accarezzo chi la mette in atto ' è a dir poco maestro.
La causa? Periti impreparati sulle dinamiche di relazione che NON VEDONO o che fanno finta di non vedere.
Per scardinare una dinamica malata occorre infatti l'occhio clinico che vede lo schema relazionale errato dietro al comportamento delle persone e con questa comprensione si passa all'azione. Invece, in Tribunale a Busto Arsizio, i periti sono ciechi. Non si capisce però se il motivo sia una reale incapacità professionale, oppure una qualche dinamica di potere lì dentro che svende perizie al miglior offerente, equilibri cosmici tra periti, oppure banalmente una GROSSOLANA NEGLIGENZA PROFESSIONALE. Cosa quest'ultima che non escluderei.
In effetti, imbattendomi in alcune figure, che hanno anche avuto il coraggio di storcere il naso di fronte alla parcella per la perizia, mi sono domandata da cosa queste persone siano animate nello svolgere presso i Tribunali questo servizio. Eh già, perché di servizio alla collettività si tratta in primis, non certo un modo per arrotondare le pagnotte a danno della collettività stessa facendo perizie a copia incolla, a muzzo e alla cazzo di cane, che non ci azzeccano neanche la piega della carta con la realtà vissuta dalle persone coinvolte.
Pare che, infatti, dal palazzo delle ostriche, piaccia scrivere cose che con la realtà reale non ci azzecchino proprio niente e negare invece quelle che accadono. Tutto ciò certamente permette se non di avere dei format, quanto meno di risparmiarsi del lavoro. Cosa importa poi se si sbagliano i nomi dei minori, o addirittura dei coniugi perché nel copia incolla per distrazione è capitato, suvvia!! O se addirittura si canna la perizia!
E così, da suvvia a suvvia, resi leciti dalla superficialità di avvocati e giudici che vendendo tacciono, questi negletti rovinano minori e famiglie.
IO A QUESTO GIOCO NON CI STO.
Michela Diani, 22 agosto 2017