Tra tradizione e innovazione
Tra tradizione e innovazione c' è sempre di mezzo una rivoluzione. Che sia essa la trasmissione di un nuovo pensiero o un nuovo modo di vedere le cose, che sia un incrocio di comprensione e apprendimento delle lezioni del passato con evoluzione, che sia il superamento di vecchie ignoranze da abbattere. In ogni caso l' ignoranza non è mai un bene. Anzi è il male peggiore che possa capitare. Tutti siamo ignoranti prima di sapere e lo siamo sempre prima di sapere altro. Ma voler perseverare nell' ignoranza perché è scomodo è criminale. Quindi alcune persone sono criminali così come alcuni sistemi o modi di fare le cose che non accettano di sentirsi dire che le cose vanno cambiate. La tradizione può lasciare tracce importanti per costruire il futuro del cambiamento. Un po' come il medico che ti suggerisce ancora gli impacchi utili di camomilla per la congiuntivite prima di prescriverti per forza un collirio farmacologico. Non è vecchiume, è equilibrio, parsimonia, non abbandonarsi per forza a un meccanicismo culturale obbligato. L' ignoranza invece è chiusura, è sia pensare che la camomilla possa bastare se la congiuntivite è forte, sia prescrivere collirio se non è necessario. Cosa fa da spartiacque in tutto questo? Tra tradizione e innovazione, tra status quo e spinte di cambiamento? Semplice, l' onestà di riconoscere che le cose devono essere cambiate, l' intelligenza per cambiarle, la forza per favorire il cambiamento e quel maledetto senso etico che la gente ha perduto e per cui piglia anche per il culo chi lo possiede. L' etica non è il moralismo. Sono ben diverse le due cose. Il moralismo boccia il cambiamento perché fuori dai suoi canoni. L'etica invece accetta, accoglie il cambiamento cercando però una via etica per metterlo in atto.
Michela Diani, 29 settembre 2017