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Autostima e volersi bene


Autostima è non buttarsi via.

E' non permettere all'altrui cattiveria o aggressività di denigrarci gratuitamente e senza ragione.

E' impedire che di noi vengano dette fandonie, è non accettare di essere presi in giro da ipocrisia e parole vuote. E' credere a sufficienza in se stessi tanto da capire quando è il caso di ribellarsi a qualcosa che non va per cambiare le cose. Questa riflessione può essere applicata in molti campi della vita umana, delle relazioni sociali e del lavoro. Una buona autostima è la base di qualsiasi cosa. Non è un caso che come popolo siamo da ventenni schiacciati da una classe politica arrogante e piena di sé. Dico che non è un caso perché chi detiene il potere è spesso dotato di una grande autostima, una autostima che peraltro a volte è anche immotivata e non realmente consistente, vale a dire non connaturata con una vera e profonda sostanza della persona. Ciò che spesso viene considerato autostima infatti, talvolta è solo aggressività.

Tuttavia nel nostro mondo al contrario, si scambia spesso per aggressività l'assertività, e l' ipocrisia di un galateo gentile che in realtà nasconde una forte aggressività come un sano atteggiamento di vita. Facciamo un esempio concreto. Per un datore di lavoro che è abituato a schiavizzare i propri dipendenti, imponendo straordinari e orari di lavoro sempre maggiori, che paga uno stipendio non corrispondente alla qualità del lavoro fornito e che invita il dipendente a fare sacrifici per il bene della mission aziendale, il lavoratore che reclama diritti e qualità di vita, rispetto e merito, risulterà essere quello aggressivo, arrogante e pretenzioso. Da sempre la pretesa degli schiavi risulta fastidiosa ai padroni. Ma quando le persone si rifiutano di essere trattate da schiave, è allora che cominciamo a parlare di autostima. Nessuna relazione nel nostro paese è fondata su una sana relazione di autostima tra le parti, ma su una dinamica aggressiva da parte dei potenti sui più deboli, dove per deboli non intendiamo necessariamente le fasce deboli, ma in ambito lavorativo è il lavoratore, in ambito di sistema di politiche del lavoro, l'imprenditore schiacciato dalle multinazionali e dagli interessi economici delle banche, nelle istituzioni, il cittadino schiacciato e messo a tacere da un potere arrogante e ignorante, nella Giustizia da una sistema bipolare che fa comodo ai delinquenti.

Una buona autostima comincia quindi, quando noi, come persone, in tutti gli ambiti della nostra vita, cominciamo ad affermare noi stessi in maniera adeguata, affermando e difendendo i nostri diritti, non permettendo all'altro di calpestarci, rivendicando ciò che ci spetta in termini di merito, giustizia, relazioni soddisfacenti, ambienti lavorativi sani e non corrotti, critiche costruttive e non ironia e sarcasmo denigratori solo perché il dissenso infastidisce. E' affermare il proprio diritto di felicità e valore, all'interno di una relazione di coppia creando relazioni basate sull'amore e non sul potere, è affermare il proprio valore di lavoratori facendo la propria parte, ma impedendo lo sfruttamento dello schiavismo moderno, è rivendicare la propria sovranità come cittadini non permettendo a un potere arrogante, aggressivo e spesso ignorante di schiacciarci e metterci a tacere. Cresciamo in autostima ogni qualvolta abbiamo il coraggio di discernere quando dobbiamo dire di NO all'altro ( chiunque sia questo altro), e dire SI a noi stessi. L'autostima va di pari passo, ed è così che si distingue da atteggiamenti di immaturità ed egoismo, con una responsabilità personale, con un lavoro su se stessi, con la capacità di dare rispetto agli altri, con la capacità di interrogarsi. Di fatto ciò che capita nella realtà è questo: chi si interroga ha sempre molti dubbi e costruisce la propria autostima molto spesso combattendo con convinzioni limitanti dettate dalla cultura di origine e dai copioni sociali, dalla dittatura del pensiero unico di chi teme il dissenso e l'evoluzione, da chi cerca di infilare ogni persona in uno schema e aborre la creatività considerandola borderline, visioni ristrette imposte da meccanismi efficientisti sociali che fanno comodo ai faraoni moderni. Il nostro tempo chiama una rivoluzione culturale che rimetta in gioco il significato delle parole e dei concetti. Autostima è sicuramente uno di quelli. Siamo troppo abituati a credere che l'autostima si riduca nel potenziarci davanti allo specchio per finire dentro quello stesso meccanismo sociale che dovremmo in realtà rifuggire proprio in nome di una sana autostima. Nel caso dell'esempio sopra fatto del datore di lavoro, infatti, molto spesso accade che un lavoratore che non ha autostima, invece che ribellarsi accetta condizioni di lavoro sempre peggiori perché si trova nel bisogno, accetta che non esista meritocrazia, ma che vinca il clientelismo, accetta di essere pagato sempre meno perché gli viene spacciato come sacrificio in nome della mission, e quindi per una sorta di accettazione passiva di meccanismi che pensiamo di non poter cambiare, ci adattiamo a un sistema che non funziona, a una mentalità che di per se stessa è denigratoria dell'essere umano. Come una donna che resta in una relazione dove viene maltrattata in nome della famiglia. Come un popolo che accetta continuamente e supinamente di essere governato da incapaci, come un impreditore che si suicida perché non vede via di uscita al debito aziendale e se ne sente responsabile, quando in realtà la responsabilità è sociale. L'autostima non subisce mai e non è mai passiva. E se questo vi vogliono fare credere, sostenendo che l'autostima è sempre gentile e che quindi se vi affermate con determinazione non siete più gentili e quindi siete sbagliati, beh, allora è proprio il momento di cominciare a ribellarsi. Gentilezza e stupidità sono due cose ben diverse e forse è il caso che cominciamo a distinguerle.

Foto dal web: sapere.it

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