Affido condiviso: questione di numeri?
Azzardo una ipotesi che, seppur possa sembrare fantasiosa, chi ha consapevolezza del concetto di 'pressione' all'interno di una istituzione per indurre anche gentilmente e con galanteria, qualcuno a fare qualcosa, non sembrerà affatto tale, soprattutto quando il colloquio è tra potenti e non gente comune come noi.
E di pressioni in ambito giudiziario, accidenti quante ne ho viste, perfino mascherate di accordi consensuali tra le parti.
Un pò di tempo fa, alcune associazioni dei padri hanno fatto una interrogazione al CSM ( Consiglio superiore della Magistratura) per mostrare il dato che dall' introduzione dell'affido condiviso ancora troppi pochi padri, secondo loro, hanno collocazione del minore rispetto alle madri. Se tanto mi dà tanto, questa richiesta mi lascia subodorare la possibilità dell'esistenza di lobbies che premono perché i numeri aumentino in favore dei padri. Non è neppure ingegnoso pensarlo in un paese dove lo Stato e la Mafia vanno palesemente a braccetto tutti i giorni.
Ma siccome, la cura e la crescita di un figlio non sono questione di numeri, ma di amore e capacità genitoriali, anche solo immaginare che la cosa possa esistere mi fa abbondantemente incazzare.
Perciò tenderei a fare un paio di precisazioni a quella magistratura totalmente dipendente e confusa con cui in Italia abbiamo a che fare. Se qualcuno è ancora convinto che la magistratura in Italia sia, come dovrebbe essere, un organo indipendente e libero, passi al settore delle barzellette. La corruzione, l'incompetenza, il menefreghismo, il fancazzismo, la superficialità, l'ignoranza, l'anaffettività, attanagliano la magistratura tanto quanto tutte le altre caste presenti nel nostro paese.
1. I figli sono di chi li cresce ( anche se non sono di nessuno in una certa ottica, nel senso che sono persone libere come sosteneva Gibran nella sua famosa poesia). Se entrambi i genitori collaborano positivamente a questo, l'affido condiviso è quanto di più evoluto la legge potesse pensare.
2. Purtroppo, però, noi non possiamo contemplare solo la casistica positiva, ma anzi, poiché l'Italia è il paese dei furbi, quando si fa una legge dovremmo anche pensare a come salvaguardarci dai furbi e cioè da coloro che la utilizzeranno non per la funzione che possiede ma per fregare qualcun altro.
In questa seconda fattispecie è bene precisare che non rientrano le brave persone, le persone perbene e neppure coloro che sono costretti a difendersi in un sistema che non permette altro che questo per sopravvivere e proteggere i propri figli da nefasti interventi ignoranti macchiati di malagiustizia.
Quindi non fanno parte di questa categoria 'i padri della Caritas' che tirate sempre in ballo quando c'è da promuovere un pietismo collettivo necessario a nascondere le magagne di un sistema che cade a picco a causa di potenti e prepotenti.
Qui si parla solo ed esclusivamente di prepotenti a prescindere che usano i figli, dei quali effettivamente non sono neppure autenticamente interessati, ma che sono solo ed esclusivamente mezzo per uccidere l'altro o per avere soldi o denaro, che sono soltanto per farla breve non oggetto di amore, ma di potere.
Tant'è che la differenza con i padri alla Caritas è evidente visto che se mangiano alla Caritas, i soldi per aggredire anche giuridicamente l'altro non li dovrebbero avere.
Cosa accade quindi? Che non essendo la magistratura in grado, allo stato attuale, di inquadrare le persone quando entrano in un Tribunale, essa talvolta, travolta da quel pietismo del catto-perdono continuo e sterile oppure da una sorta di compiacenza verso i potenti del denaro o delle lobbies di qualsiasi natura, finisce col permettere ai prepotenti di avanzare, anche grazie a un continuo inascolto delle vittime. Errore questo che facciamo un pò tutti, perché in effetti, ci si mette un pò a comprendere che a un prepotente non lo fermi se non lo punisci, imbevuti come siamo più del concetto di riabilitazione che di giustizia.
Cosa dire quindi del fatto che i figli vengono affidati in percentuale più, di normalità, alle madri? Forse perché li crescono? Perché spesso rinunciano a loro stesse per il bene dei figli? Perché prima del lavoro mettono i figli e quindi il lavoro è solo funzionale a vivere e cioè non vivono per il lavoro?
Perché hanno ben chiaro cosa sia la maternità e quindi non sfornano un figlio dall'utero, ma sono interessate a crescerlo?
Ora, esistono padri in gamba. Ci sono, ne conosco. Ma visto che stiamo parlando di numeri, è lecito parlare di paternità equiparabile alla maternità in un paese dove l'evoluzione culturale dell'uomo è ancora allo stadio della caverne circa il rispetto delle donne?
Il problema in questo sta. Ove un uomo e una donna si rispettano il problema non sussiste, entrambi eserciteranno la propria genitorialità in modo paritario e intelligente. Il problema si pone quando UNO dei due attiva una dinamica disfunzionale per uccidere l'altro e l'affido condiviso diviene il mezzo legale per poterlo fare in beffa a giudici, periti, assistenti sociali, i quali generalmente per una codardia impressionante di sistema o per corruzione vera e propria, mentale, prima che di mazzette, la posizione la prendono a favore del prepotente e non di chi si occupa realmente dei figli che risulta sempre la parte debole che non protegge nessuno.
In tutto ciò, cari padri buoni, conviene precisare che se esercitate violenza verso le ex mogli, una qualunque tipo di violenza, buoni padri non potete essere e questo forse non vi è chiaro, come non deve essere chiaro ai giudici che confondono in continuazione la bontà col buonismo istituzionale e con una stupida pietà che si ritorce solo contro le persone perbene.
Spazio per l'affido condiviso in un paese civile dovrebbe essere dato solo ai Genitori e non a coloro che intendono la genitorialità come un mezzo ulteriore per esercitare violenza sull'altro.
E le collocazioni ai padri, cari giudici, non si fanno in base ai numeri, ma in base al merito e al bene dei figli che deve essere il primo metro e non l'ultimo.
Perché dividere dei fratelli per fare contenti due genitori non è lecito se ciò va svantaggio dei minori a breve, medio o lungo termine, salvare capra e cavoli in nome di una viltà istituzionale che giunge al vomito è francamente divenuta una cosa inaccettabile.
Mi domando francamente, quando prendete le decisioni all'interno dei palazzi quali siano i criteri che vi animino, se non incompetenza, ignoranza peritale, fretta di non leggere gli atti per la lettura dei quali siete tra l'altro pagati a fine mese, e un banale banalissimo, in alcune situazioni, senso comune!
Può essere l'affidamento di un figlio questione di numeri? FRANCAMENTE NO.
Possiamo come cittadini continuare a permettere che nei palazzi a decidere delle nostre vite siano incompetenti e corrotti? ASSOLUTAMENTE NO. Possiamo sperare in una genitorialità condivisa quando UNO dei due attiva una dinamica di violenza verso l'altro e non intende modificarla? Non dovremmo essere neanche noi cittadini a dirvelo, ma dovrebbe essere molto semplice capirlo anche da lontano, per comprendere che se le istituzioni continuano a proteggere chi non tiene veramente ai figli, non faranno altro che peggiorare lo stato del costume sociale e non contribuiranno certo a migliorarlo.
La domanda cari Giudici che vi dovete porre quando analizzate le situazioni, non è chi è arrabbiato, o chi non ha soldi, ma chi si occupa dei figli e chi è veramente ostativo (che generalmente lo dimostra sempre in vario modo), chi è di fatto una persona seria ed equilibrata e non chi finge di esserlo solo per apparire alle udienze come la vittima, chi forse ha semplicemente difficoltà pratiche poste dall'altro a una vita serena e chi queste difficoltà invece le pone di proposito sul percorso per togliere energie all'altro. A qualunque problema pratico vi può essere un rimedio con la buona volontà, alla cattiveria umana e alla stupidità istituzionale nei confronti dei bambini e delle donne non vi è rimedio, ma solo colpe. Le vostre.