La società del bullismo giustificato
La società del bullismo giustificato
di Michela Diani
Il caso del ragazzo di Lucca che si oppone con violenza e sopraffazione al professore per un voto rappresenta non soltanto la evidente manifestazione della società che stiamo partorendo, cioè una società dove il bullismo viene minimizzato dagli altri e letto come qualcosa che 'fa ridere' (la classe ridacchiava mentre accadeva il fatto), ma anche la rappresentazione del totale fallimento dei modelli educativi che le generazioni passate e in parte attuali stanno trasmettendo.
Dal mio punto di vista, così come è condannabile il comportamento del minore, occorrerebbe domandarsi da dove questo comportamento sia spuntato, coinvolgendo nella riflessione la famiglia del ragazzo a cui qualche responsabilità va senz'altro imputata. In secondo luogo, occorre anche porsi qualche domanda sull'atteggiamento completamento dismesso e arrendevole del professore.
I bulli non nascono da soli, ma in contesti famigliari con determinate condizioni, ove non esiste autorevolezza e ove il senso delle regole è ignorato quando non addirittura compromesso già di partenza.
Educare i propri figli attraverso l'empatia, educarli alla libertà di espressione e alla libertà nella capacità di pensare, - e quindi con un modello educativo fondamentalmente basato sulla libertà- non implica esulare a fianco di tutto ciò, dalla chiara espressione di una autorevolezza genitoriale che metta dei paletti precisi e forti sulla espressione di queste libertà.
Parole come rispetto, senso del confine, non prevaricazione, educazione affettiva e ai sentimenti, giustizia, amore e libertà, non dovrebbero essere termini vuoti, ma valori condivisi e vissuti nella realtà e i bambini hanno bisogno che si insegnino i confini insieme all'infinito, altrimenti restano sprovveduti, abbandonati a loro stessi e fondamentalmente si sentono non amati, percepiscono disinteresse da parte dell'adulto.
L'amore non è soltanto dare amore, ma anche dare regole, dove le regole non sono rigidi schemi dove inserire la loro libertà di espressione, ma una espressione di amore per comprendere che oltre al sè esistono anche gli altri, che vi sono dei limiti che devono essere rispettati in una società civile e che libertà e anarchia sono due cose ben differenti. Tutto ciò passa attraverso il riconoscimento di una autorevolezza data ai genitori, ai professori, all'adulto in quanto rappresentante di una autorità non imposta ma dovuta. Solo con queste basi poi i ragazzi possono essere educati anche alla ribellione, alla libertà di pensiero. Ricordiamoci sempre che ribellione e maleducazione sono due cose ben diverse. Purtroppo la nostra società non sembra averlo chiaro e così crescendo questi bulli ce li ritroviamo anche in posizioni importanti, in abiti istituzionali, in abiti di peso nella vita pubblica, continuando a esercitare il loro bullismo in una forma differente ma altrettanto aberrante, anzi forse ancora di più, visto che adulti con tali deliri di onnipotenza possono essere soltanto persone di scarso valore umano all'interno dei palazzi, prevaricatori sociali, arrivisti della poltrona,
in fondo infanti non cresciuti a cui non è stata data nessuna regola al tempo giusto e che quindi credono di poter sottoporre la collettività alla stessa sopraffazione del compagno di classe.
Ne abbiamo chiari rappresentanti nella vita pubblica.
Quanti bulli avremmo in meno se molte mamme e molti papà avessero fatto il loro dovere a suo tempo. Evitiamo per favore, di colpevolizzare sempre la scuola. Essa è solo un attore educativo e per quanto molto, anzi di capitale importanza, il primo attore è e dovrebbe sempre essere la famiglia.
Allora mi sorge una domanda, uno spunto che trovo fondamentale in questa società dove spesso i figli sono abbandonati a loro stessi in ritmi serrati e basati sulla produttività.
Come fa la famiglia a essere il primo attore educativo nella vita dei figli se i genitori spesso sono i più grandi assenti nella vita dei figli?