Il dolore umano interiore
Incredibile come il dolore dell’anima non venga capito. Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore a pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell’anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare. Oriana Fallaci
Questo stralcio della Fallaci oggi mi ha fatto riflettere. Non nel senso probabilmente più immediato. Mi spiego meglio. La mia riflessione non si è aggirata sulla sofferenza umana e sulle ferite dell’anima, né tanto meno sul fatto che esse si possano o meno rimarginare. Non si è focalizzata sul senso del dolore nel cuore dell’uomo o sul ricordo della sofferenza. No. Il mio interesse non è in questo momento, il dolore.
Il mio interesse è l’atteggiamento delle persone al dolore degli altri e al proprio.
La società in cui viviamo è una società profondamente cinica di fronte al dolore. Pare che dia fastidio. Credo sia per questo motivo che diviene ogni giorno meno umana e più incentrata su altri parametri di vita e sopravvivenza.
Viviamo in un certo senso in una società senza anima. L’indifferenza di fronte ai problemi sociali e alle ferite della comunità, intesa come singole persone unite e singole vicissitudini e storie, ha raggiunto livelli ormai esponenziali.
Non ci si deve fare ingannare dall’empatia a intermittenza che talvolta i media manifestano di fronte alle tragedie. Un terremoto, tutti parlano del terremoto, delle cause del terremoto, della prevenzione che non è stata fatta.
Un femminicidio. Tutti spendono parole, urla e grida su quella poveretta a cui è stata tolta la vita, la si solleva alla gloria degli altari in men che non si dica, per poi magari scoprire che nei dieci anni prima aveva ripetutamente denunciato chi l’ha uccisa e le avevano dato della pazza.
Parecchie persone, dal singolo cittadino, alla più alta carica dello Stato ( in senso metaforico e non personale, in questo caso), hanno dei seri problemi con sensibilità ed empatia. Una sorta di anaffettività globale. Un muro di gomma fatto di cinismo, indifferenza e menefreghismo, perché tanto poi, in fondo, la vita dello spettatore non viene toccata da quanto accade a chi in quel momento sta soffrendo. Che sia esso paziente, immigrato, donna, bambino, etc…
Insomma, mi viene da ridere perché in questi giorni ho attaccato Fico per la sua battuta infelice ‘ Ci vuole più amore’ – di cui in effetti, visto il caso in cui l’ha citata ne ribadisco l’infelicità.
Tuttavia ha ragione. Forse voleva dire questo e si è espresso male.
Dal singolo alla figura istituzionale, al politico, senza saper cogliere il polso delle persone che formano la società, non si va da nessuna parte. Ciascun problema va affrontato sulla base di una empatia reale verso il bene della gente, una preoccupazione concreta, una sensibilità attenta.
Poiché ciò non accade, è evidente che i problemi non solo non si risolvono, ma si acuiscono pure.
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